Scovare talenti e trattenerli in azienda è una disciplina aziendale rigorosa. Si chiama Talent Management e risale alla fine degli anni Novanta. Alcuni dei suoi presupposti sono tuttora validi, altri vanno aggiornati alla luce dei cambiamenti recenti. Il primo richiede che l’azienda sia “appetibile” per i potenziali candidati. Bisogna, cioè, dare vita a politiche di Employer Branding che hanno il doppio esito di rendere interessante l’impresa agli occhi dei lavoratori e, come risultato parallelo, agli occhi dei clienti. Non c’è miglior pubblicità, infatti, di un marchio del quale tutti vorrebbero far parte.
Anche l’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, tra le competenze giudicate prioritarie da qui al prossimo biennio, colloca al primo posto la capacità di gestire il cambiamento e di attrarre, motivare e trattenere i dipendenti. Un messaggio chiaro per gli HR Manager. A cui tocca mettere in atto alcune strategie come le cinque indicate di seguito.
1. Alternanza scuola-lavoro e placement università
Un tempo le aziende andavano direttamente nelle scuole, soprattutto negli istituti tecnici, a cercare gli studenti più in gamba. Oggi questa pratica è meno diffusa, ma esistono delle opportunità introdotte dalla legge 107 del 2015, come ad esempio l’alternanza scuola-lavoro, che possono fungere da scouting.
Se si cercano, invece, professionalità in ambito accademico, molte università hanno avviato ormai da qualche anno servizi di placement che facilitano l’incontro tra studenti e mondo del lavoro.
2. Retribuzione competitiva
Sebbene nell’indagine dell’Osservatorio HR solo il 30% delle aziende intervistate dichiari che la retribuzione sia una delle leve per trattenere le persone, questo vale in presenza di condizioni salariali identiche. Lo stipendio non è tutto, ma è un buon punto di partenza se si vuole portare a casa i migliori talenti.
3. Formazione per lo sviluppo professionale
Sempre secondo l’Osservatorio del Politecnico, grande importanza (78% delle aziende) rivestirebbero i piani di formazione per lo sviluppo professionale. Il che sarebbe confermato dall’impostazione classica del Talent Management, ma in parte contraddetto dai lavoratori intervistati i quali, subito dopo sicurezza del posto di lavoro (43%) e retribuzione (35%), mettono sul podio la conciliazione tra lavoro e vita privata (32%).
4. Smart working
Quest’ultimo aspetto trova concordi lavoratori e aziende, con una particolare sottolineatura allo smart working, al lavoro agile. In una recente ricerca di Harris Interactive svolta per Microsoft il 72% degli intervistati lo considera determinante ai fini della scelta del posto di lavoro. Sono soprattutto i Millennials a esserne attratti, cioè i nati tra il 1979 e il 2000, probabilmente perché il tema della flessibilità li vede più sensibili rispetto ai colleghi meno giovani cresciuti sulle scrivanie degli uffici-alveare.
5. Employer Branding e welfare aziendale
Sulla scia della conciliazione vita-lavoro, ma assai attinente al tema dell’Employer Branding, si pone il welfare aziendale. I servizi di welfare offerti da un brand servono a distinguerlo dagli altri perché fanno emergere il tentativo di prendersi cura dei collaboratori. Un tentativo che parte da piccoli gesti (mettere a disposizione frutta fresca negli ambienti comuni) e che si allarga in una proposta incrementale di iniziative pensate per il benessere complessivo del lavoratore.