L’espressione “social collaboration”, o enterprise social networking, descrive un modello di lavoro innovativo, ingaggiante e inclusivo che pone al centro la persona e stimola la collaborazione facendo uso di dinamiche social al fine di massimizzare l’efficienza aziendale, l’agilità e l’efficacia sul mercato. Social collaboration non si esaurisce quindi nell’abilitazione di piattaforme o tecnologie di supporto, ma comporta per molte imprese un profondo processo di cambiamento culturale, organizzativo e strutturale rispetto a modelli tradizionali rigidi e fortemente gerarchizzati.
Tra i nuovi strumenti di social collaboration che possiamo annoverare sul mercato, vediamo quali sono quelli più promettenti in termini di efficienza e produttività.
L’esigenza di un cambiamento profondo nelle dinamiche aziendali dipende da più fattori. In primis, dalla scarsa presenza di personale engaged all’interno delle organizzazioni: un recente report di Gallup, relativo ai primi mesi della pandemia, registra un calo degli employee engaged dal 37% al 31%, accompagnato peraltro da un 14% di personale actively disengaged. Tra le forze che favoriscono il cambiamento ci sono poi mercati che evolvono a ritmo sostenuto e impongono alle aziende un livello di agilità che queste difficilmente riescono a garantire poiché vincolate a rigidi modelli organizzativi, a procedure immutabili e a una comunicazione a silos. È, peraltro, questo lo scenario in cui soggetti più agili e rapidi nell’intercettare le richieste del mercato riescono a costruire modelli di business innovativi (si pensi all’ecosistema delle startup in industry come finance e healthcare) e ad acquisire posizioni interessanti a discapito degli incumbent.
Social collaboration significa mettere la persona e i rapporti collaborativi al centro dell’azienda, favorendoli mediante una corretta abilitazione tecnologica. La collaborazione costante tra persone, team e divisioni, ma anche il concetto di scambiare informazioni “tra pari”, di condividere conoscenza e generare innovazione da essa sono alla base di un nuovo modello di comunicazione interna, che va ben al di là degli schemi top-down. Inoltre, tutto ciò favorisce lo sviluppo di un modello organizzativo diverso, più flessibile, orizzontale, senza silos e basato sulla centralità del contributo delle persone, ognuna delle quali è incoraggiata a condividere e contribuire. Dal 1996, il noto produttore di videogame Valve si definisce boss-free poiché ritiene che “le migliori decisioni di prodotto siano prese dalle persone che vi lavorano concretamente”; ai suoi dipendenti, l’azienda fornisce obiettivi chiari e uno stimolo a collaborare per raggiungerli, favorendo in tal senso anche la creatività.
All’interno del modello collaborativo, la componente social è centrale e incide soprattutto sull’engagement. Il successo di piattaforme consumer come Facebook non deriva tanto dalla possibilità di condividere storie, momenti, video e immagini, ma dall’engagement che ne deriva: fornire un feedback immediato toccando una volta lo schermo dello smartphone (il “Like”), commentare rapidamente, coinvolgere altri utenti nel dialogo e arricchirlo di opinioni sono dinamiche adattabili all’ambito aziendale e alla gestione dei processi, soprattutto in un periodo in cui l’accesso mobile agli strumenti di lavoro rappresenta la norma.
Al fine di modernizzare e portare innovazione in azienda, la social collaboration necessità di una corretta abilitazione tecnologica. L’azienda deve, infatti, disporre di strumenti che adattino agevolmente le dinamiche social al proprio contesto aziendale, all’organizzazione, alla struttura e ai processi: gli Enterprise Social Network sono la categoria cui rivolgersi.
Apparentemente molto simili alle piattaforme consumer, da cui mutuano accessibilità, user experience ottimizzata e semplicità di condivisione, essi garantiscono aderenza alle policy aziendali, alla normativa in essere (es. GDPR) e possono essere personalizzati per riflettere la struttura dell’azienda, i progetti e i processi in essere. Gli Enterprise Social Network permettono, inoltre, di raggiungere agevolmente tutta la workforce e di coinvolgerla nella cultura e nelle attività aziendali, cosa non scontata soprattutto per quanto concerne i firstline worker, che talvolta non hanno una casella e-mail aziendale e sono quindi difficilmente raggiungibili con strumenti di comunicazione tradizionale.