Qualche mese fa avremmo dovuto spiegare ancora a tante persone il significato di Smart Working, le sue implicazioni pratiche, la differenza col telelavoro e perché abilitare tutta o parte della workforce a modalità di lavoro agili. D’altronde, i numeri italiani parlavano chiaro: a un 58% di grandi aziende già pronte a lavorare in modo agile e distribuito, faceva da contraltare un timido 12% delle PMI, che – sappiamo bene – rappresentano il basamento stabile dell’economia italiana (fonte: Osservatorio PoliMi).
Poi è successo quello che sappiamo e lo Smart Working è diventata una vera e propria necessità, con aziende che hanno dovuto ‘inventarsi’ un modo per permettere alle persone di essere produttive da casa, interagire con i colleghi, clienti e fornitori, portare avanti i progetti e, per quanto possibile, tutte le attività già previste. Soprattutto, ciò che le ha colte (più o meno) impreparate è stato dover estendere il lavoro da remoto a tutta la workforce, e non solo a una piccola quota già abituata a lavorare con modalità agili e meno stanziali. È stata una lotta contro il tempo, e per questo ci si è concentrati soprattutto sugli strumenti, che andavano resi disponibili in una manciata di giorni: una piattaforma di collaboration sul modello di Microsoft Teams, un modo per accedere alle risorse aziendali da casa, comprensive di quelle applicazioni che ancora richiedono la presenza fisica all’interno del perimetro dell’organizzazione.
Sgombriamo il campo da possibili fraintendimenti: lo Smart Working non è nato per gestire un’emergenza o per permetterci di lavorare da casa, né tantomeno “è” Microsoft Teams o strumenti analoghi. Smart Working è un modello di lavoro agile, non vincolato a una sede fisica, pensato per ottimizzare il bilanciamento tra lavoro e vita privata e, soprattutto, per permettere alle persone di essere più produttive. Smart Working non è una mera alternativa “moderna e connessa” alle modalità di lavoro tradizionali, come fosse una conseguenza inevitabile del progresso tecnologico; piuttosto, il suo scopo è far sì che l’aumento dell’engagement, le maggiori responsabilità, una comunicazione efficiente e chiari obiettivi da raggiungere rendano le persone più produttive, e quindi forniscano migliori risultati all’azienda.
Questo periodo ha reso lo Smart Working parte del lessico comune, anche in relazione al lavoro agile nella Pubblica Amministrazione. Ma un’emergenza non è un buon alleato di un cambio di paradigma lavorativo: le aziende hanno implementato gli strumenti per poter andare avanti, ma questo non è che il primo passo verso la transizione a un modello di lavoro agile. Innanzitutto, volendo guardare gli strumenti, bisogna imparare a usarli al massimo delle proprie potenzialità e, soprattutto, fare in modo che al tipico strumento di comunicazione e videoconferenza si associ la possibilità di accedere a tutte le applicazioni aziendali di propria competenza. Non solo: occorre elaborare una vera e propria strategia di collaboration, agire sugli stessi documenti in tempo reale, condividerli senza rischio di errore o di versioni in conflitto, e tutto questo senza scendere a patti con la sicurezza.
Quando i vincoli dettati dall’emergenza verranno allentati, la speranza è che questo enorme esperimento di Smart Working abbia convinto le aziende a fare quell’ulteriore passo necessario verso la sua completa adozione.
Questo vuole dire, come anticipato, completare la dotazione di strumenti, imparare a usarli appieno e ragionare sempre di più in chiave di cloud transformation, ma ci sarà tutto un tema organizzativo e – soprattutto – di cultura di affrontare, con tanto di necessità di gestire il cambiamento. Non dimentichiamo, infatti, che per funzionare appieno e portare quel famoso incremento di produttività, lo Smart Working va associato a chiarezza di obiettivi, comunicazione focalizzata, fiducia, condivisione di strumenti e task, responsabilità certe e workflow ben definiti.
Solo in questo modo è possibile sopperire all’assenza di un contatto diretto costante, gestire nel migliore dei modi una comunicazione che diventa asincrona e sfruttare al massimo il proprio tempo ottenendo risultati brillanti. È parimenti vero che per molte aziende, ancora vincolate a modalità di lavoro tradizionali, il ‘vero’ Smart Working è il traguardo finale di un cammino non dei più rapidi, da gestire con cura, sulla base di un’attività di change management pervasiva e rivolta non tanto all’adoption della piattaforma di collaborazione, quanto di un nuovo mindset che sia pronto ad accogliere un nuovo modo di lavorare. Per questo è importante crederci, ma anche affidarsi a un partner che sia in grado di gestire tecnologia e cambiamento, ovvero le due anime del lavoro 2.0.