Per definizione, l'Employee Experience è l’insieme di tutte le esperienze vissute dal dipendente durante il proprio percorso all’interno di un’organizzazione.
Le aziende hanno tutto l’interesse a ottimizzare l’esperienza delle proprie risorse umane: in primis per abbattere il turnover, che rappresenta una voce di costo molto impattante sul business aziendale; ma anche perché a una migliore esperienza si associa un livello di benessere maggiore, che poi si traduce in produttività e in affezione verso i valori dell’azienda.
Per quanto concerne gli esempi di Employee Experience, possiamo soffermarci sugli elementi che condizionano l’esperienza del dipendente. Tra questi, sicuramente l’ambiente e il modello di lavoro: le persone amano la responsabilizzazione e la libertà dei modelli ibridi, che rappresentano un fattore di modernizzazione aziendale e contribuiscono all’attrazione di talenti.
Naturalmente hanno un peso anche le opportunità di crescita professionale e la cultura aziendale, mentre non vanno trascurati gli sforzi del management nel creare un ambiente collaborativo. Infine, ma non per importanza, hanno un ruolo importante gli spazi di lavoro, che devono essere progettati per essere ingaggianti e favorire la collaborazione.
I continui cambiamenti nelle dinamiche d’acquisto, la moltiplicazione dei canali di vendita e di contatto, la pandemia, l’omnicanalità e la forte ascesa dell’eCommerce sono le principali dinamiche di un mondo che evolve con un ritmo estremamente accelerato. La grande sfida dei retailer sta proprio nella necessità di assecondare tutte queste dinamiche creando un’esperienza complessiva che i clienti considerino soddisfacente e appagante. Al giorno d’oggi, infatti, è palese che la customer experience abbia un ruolo decisivo sulla retention, anche di più della qualità del prodotto e/o del servizio.
Ma mentre i retailer si concentrano sul rapporto con il cliente, monitorando parametri come il Net Promoter Score (NPS) e il Customer Satisfaction Score (CSAT), qual è il ruolo dell’Employee Experience?
Le imprese più moderne e di successo hanno ben chiaro un principio fondante: l’acquisizione e, soprattutto, la fidelizzazione del cliente è direttamente proporzionale alla forza del legame emotivo che si crea tra il brand e il cliente stesso.
Rispetto al passato, oggi le persone sono molto più propense ad acquistare da tanti brand diversi, al punto da diventare dei veri e propri brand explorer: tutto ciò rende forse più semplice per il retailer ottenere una vendita, ma molto più complesso trattenere il cliente.
Difatti, una vera fidelizzazione si ottiene solo se il brand è in grado di andare oltre la singola esperienza positiva: è necessario creare una relazione di lungo periodo, coinvolgere il consumatore nella vita dell’azienda, fargli vivere i suoi valori, la sua storia e la sua cultura. Questo, però, non può succedere se i dipendenti, che rappresentano il punto di contatto tra l’azienda e il mercato, non sono i primi a sposare la visione dell’organizzazione, la sua cultura e i suoi valori. Per questo è fondamentale una Employee Experience d’eccellenza.
Purtroppo, la pandemia ha avuto un forte impatto da questo punto di vista: l’attivazione forzata dello smart working senza un adeguato aggiornamento organizzativo ha allontanato molti dipendenti dalla cultura e dai valori dell’azienda, dando vita a un’insoddisfazione diffusa che si è tradotta in elevati livelli di turnover e in customer experience rivedibili.
Il retail ha sempre avuto difficoltà nel coinvolgere i firstline worker operanti nei punti vendita, ma con lo smart working lo sono diventati praticamente tutti i dipendenti. Addirittura, il 43% degli addetti alla vendita ritiene di non essere ascoltato dalla propria azienda e il 42% sta pianificando di lasciarla.
Il retail “future proof” è quello che, a livello strategico, dà all’Employee Experience una centralità pari – se non superiore – alla customer experience, visto il legame indissolubile tra le due esperienze. È poi certamente quello che adotta strategie di vendita e comunicazione omnicanale, che monitora e agisce in funzione della voice of customer, che trasforma i punti vendita in mini-centri logistici per abilitare la consegna on-demand. Soprattutto, però, il retail del futuro tutela l’esperienza dei propri dipendenti, facendo sì che si sentano engaged e trasmettano al mercato il proprio attaccamento al brand.
Come agire, quindi, per ottimizzare l’Employee Experience in questo periodo di forti cambiamenti?
Le migliori piattaforme per l’Employee Experience supportano ogni giorno il dipendente nella propria esperienza professionale. In altri termini, sono sistemi che aiutano a comunicare con colleghi, partner, clienti e fornitori, a massimizzare la produttività ovunque si trovino, a gestire aspetti tipici del lavoro moderno come le riunioni e le video-call, a prenotare risorse condivise come i desk e le sale riunioni. Sono veri e propri assistenti personali per la work experience.
Le aziende interessate a implementare un paradigma di lavoro moderno dovrebbero valutare seriamente l’introduzione di una piattaforma per l’Employee Experience, a beneficio dei propri dipendenti ma anche del management e dell’HR, che le possono utilizzare (tramite funzionalità di reporting e analytics) per tenere sotto controllo l’intera azienda e le sue evoluzioni.
Sul mercato sono disponibili molte piattaforme che hanno un impatto sulla Employee Experience. Per esempio, Microsoft Viva, che favorisce le connessioni, supporta i team nel massimizzare la collaborazione e consente di impostare e monitorare gli Objectives and Key Results (OKR), favorendo al contempo il reperimento delle informazioni e l’apprendimento intelligente. Altre opzioni, sia pur dal perimetro più circoscritto, possono essere Slack, Lattice o WorkTango.