Da diversi mesi, il mondo è entrato in una fase definita di new normal, caratterizzata da molte nuove sfide e contraddistinta da inevitabili incertezze. Sembra passato un secolo da quei primi mesi della pandemia che hanno imposto in tutto il mondo il concetto di Remote Working in grado di preservare l’operatività delle aziende, ma - almeno inizialmente - senza essere in grado di aumentarne produttività e agilità. Affinché ciò accada, ci si è resi subito conto che il Remote Working necessità di una corretta miscela di cultura, visione, organizzazione, un solido modello operativo e un’abilitazione tecnologica che, in una situazione emergenziale come quella dello scorso anno, ben poche organizzazioni potevano vantare.
A tal proposito, verso la fine del 2020 la ricerca Remote Working and the Platform of the Future di BCG disegnò un quadro molto approfondito del fenomeno e pose le basi per quanto sta accadendo in questi mesi e accadrà nel prossimo futuro: la pandemia sta trasformando in modo permanente la natura del lavoro, e la maggior parte delle aziende (65%) si sta orientando verso un modello ibrido basato sulla coesistenza di diverse modalità lavorative e sulla ridefinizione del significato di ufficio. La conferma arriva dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, secondo cui dopo il picco dello smart working emergenziale, il new normal dovrebbe portare a 5,35 milioni il numero di lavoratori agili, inferiore rispetto a un anno fa ma pur sempre un’enormità rispetto ai 570 mila del 2019. Inoltre, la stessa fonte sottolinea quanto un’impresa su due è in procinto di modificare gli spazi fisici per adeguarli alla nuova normalità (ibrida). In un modello in cui le persone lavorano sempre più spesso da casa, in ufficio, in coworking e in alcuni casi dall’altra parte del mondo, i locali aziendali e la scrivania che ci hanno accompagnato per decenni non vengono meno, ma diventano tasselli di un’esperienza lavorativa che non ha più limiti di luogo, orario e device. Nel nuovo mondo del lavoro, il concetto di esperienza sostituisce quello di spazio.
Remote Working non può essere improvvisato. Almeno, non più. Se manca un modello di riferimento, infatti, la produttività scende, aumenta il disengagement, viene meno l’innovazione nonché la collaborazione all’interno dei team. Paradossalmente, un modello di lavoro basato su strumenti di collaboration finisce per disincentivare il teamwork. Lo confermano tutti quei manager che nell’ultimo anno hanno vissuto una sensazione di perdita di controllo sull’operato dei team e dei singoli employee, faticando molto non solo a garantire un livello di produttività accettabile, ma anche a misurarla: di fronte a una workforce diffusa, molti hanno continuato ad adottare criteri di valutazione ‘input-based’, come il controllo della presenza ai meeting virtuali, ammettendo poi di non riuscire a gestire al meglio l’empowerment degli employee. L’assenza di un modello consolidato ha colpito anche questi ultimi: pur riconoscendo i benefici del Remote Working, hanno riscontrato difficoltà nella gestione dei workload, hanno faticato a trovare un bilanciamento tra vita privata e lavoro, si sono spesso sentiti “scollegati” dal resto dell’azienda, hanno compensato il minor controllo dall’esterno con più ore di lavoro e soprattutto hanno sentito venir meno il senso di squadra, per il quale il contatto fisico in azienda e le collisioni casuali sono fondamentali.
Il Remote Working può essere estremamente efficace, determinando livelli di produttività, engagement e agilità di molto superiori alle tradizionali dinamiche di lavoro. Ma per questo va intrapreso un percorso a 360 gradi dedicato , poiché sono diversi gli elementi che concorrono al risultato finale: una visione chiara, che funge da pilastro strategico attorno al quale viene progettato il modello operativo per gli anni a seguire; il modello stesso di Remote Working, che comprende policy, dinamiche di rotazione, livelli di flessibilità, ruoli, tracciabilità e molto altro; il paradigma di Performance Management, che va completamente ripensato rispetto alle modalità lavorative tradizionali e deve abbracciare un modello trust-based in cui non è l’input a essere tracciato (la presenza) ma l’output (il risultato, in che tempi e con che qualità); la revisione e la riprogettazione di processi e tecnologie di supporto che tengano conto di una workforce sempre più diffusa, con una naturale spinta verso la digitalizzazione; l’implementazione di agile practice, tra cui meeting costanti, comunicazione asincrona e demo days per la condivisione dei risultati e dell’avanzamento dei progetti. A tutto ciò vanno poi aggiunte opportunità di socializzazione, in forma virtuale ma anche fisica, così per non perdere il fascino del rapporto personale. Per essere efficace, tutto ciò deve confluire in una pratica costante e diventare parte della cultura aziendale, un elemento distintivo dell’impresa su cui fare perno per affrontare al meglio le sfide future.
Non si è ancora parlato di tecnologia, device e soluzioni collaborative. Per quanto indispensabili, esse vanno calate in un processo di trasformazione che va al di là dell’implementazione tecnologica, finalizzato a cambiare il volto dell’azienda. Il percorso va governato al meglio, ed è qui che intervengono le competenze di 4wardPRO: l’azienda si occupa da sempre di modernizzazione delle dinamiche e dei modelli di lavoro, di smart working e modern workplace, avendo gestito diversi progetti di trasformazione a tutto tondo basati su framework di riconosciuta efficacia. La pandemia sta trasformando l’evoluzione dei modelli di lavoro da un’opportunità a una vera e propria necessità, e per questo motivo 4wardPRO si pone come partner fidato capace di accompagnare le aziende attraverso tutto il processo di cambiamento: dall’Assessment alla definizione degli obiettivi, dall’implementazione delle soluzioni digitali a tutto il percorso di change management e adoption. In sostanza, 4wardPRO è in grado di trasformare radicalmente un ambiente di lavoro tradizionale in un ecosistema digitale collaborativo, finalizzato non solo alla pura produttività, ma anche a rendere l’azienda più flessibile, sicura, agile, e in grado di attrarre i migliori talenti.