Mentre il mondo prova ad adeguarsi a un new normal che non ha ancora assunto confini netti, le aziende devono fare tesoro dell’esperienza acquisita nei primi mesi della pandemia per vivere la nuova normalità senza un continuo senso di emergenza e, laddove possibile, approfittarne per evolvere in termini di modelli operativi e di lavoro. Solo in questo modo è possibile assecondare mercati che, mai come oggi, pretendono dagli operatori agilità e flessibilità.
In tale contesto si colloca la recente estensione dello stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021, termine che peraltro è successivo rispetto a quello previsto per l’applicazione delle procedure semplificate di smart working. È opinione diffusa, oltre che suggerita dalla logica, il fatto che la transizione verso un paradigma (vero) di agile working rappresenti la principale opportunità di modernizzazione offerta da questo complesso periodo storico. È, quindi, essenziale approfittare di questi mesi non solo per definire policy, accordi individuali e adempimenti, ma per governare al meglio un processo di cambiamento molto profondo poiché riguardante logiche, dinamiche, modelli organizzativi e di leadership; solo in questo modo, le aziende possono “trasformare” il new normal da evento dirompente in senso negativo in un’opportunità su cui costruire un futuro brillante.
La pandemia ha accelerato il processo di trasformazione digitale per moltissime aziende, mettendole di fronte alle proprie carenze. In ambito smart working, l’Osservatorio del Politecnico di Milano quantificò nel 12% le PMI italiane con progetti strutturati di lavoro agile in era pre-Covid: la stragrande maggioranza ha reagito al lockdown in maniera emergenziale, fornendo laptop, attivando VPN e abilitando strumenti di collaborazione la cui adoption ha subito una vera e propria impennata. La stessa Microsoft dichiarò un incremento del 775% nell’uso di Teams in un mese e ancora oggi, il titolo Zoom fa registrare un +700% rispetto alla quotazione d’inizio anno.
Numeri a parte, l’approccio al new normal non può essere emergenziale bensì strutturato e con una visione di medio-lungo periodo: indietro non si torna e le aziende che saranno state in grado di modernizzarsi in modo profondo ed efficace, coinvolgendo tutta l’azienda e non solo l’IT, potranno godere di un vantaggio competitivo.
L’emergenza dei primi mesi Covid ha dato un significato preciso alla tecnologia: lo strumento con cui perseguire la continuità del business. Ora, si richiede un’ulteriore evoluzione: la tecnologia diventa il mezzo – peraltro fondamentale – con cui affrontare un cambiamento profondo e raggiungere nuovi obiettivi di agilità, flessibilità e produttività. Strumenti come le piattaforme Microsoft per lo smart working, le postazioni di lavoro virtualizzate e le tecnologie di Remote Desktop vanno inquadrate in un processo di cambiamento non più finalizzato a gestire l’emergenza ma tutta la vita futura dell’azienda.
Se nel new normal la tecnologia cambia ruolo, occorre sottolineare quanto il processo di cambiamento debba essere guidato, pena la sua inefficacia. Il passaggio a un paradigma di agile working, magari in modalità ibrida con una componente di lavoro da ufficio e una di attività da remoto, non è improvvisabile: occorre un progetto strutturato che, al di là della necessaria abilitazione tecnologica, agisca positivamente su componenti organizzative, strutturali e di cultura, accompagnando l’intera organizzazione verso il proprio futuro. Progetto che può essere gestito da sé o affidato a un partner che sia in grado di miscelare competenza tecnologica, fondamentale per identificare e personalizzare le soluzioni in funzione della specifica realtà aziendale, ma anche esperienza e visione.
Giusto a titolo d’esempio, non è possibile adottare un modello di smart working senza superare il concetto di “controllo della presenza”, senza obiettivi ben definiti e un sistema di performance management avanzato (basato sull’analisi dei dati); in questo modo, l’azienda non ottiene solamente un risparmio sulla rimodulazione degli spazi di lavoro – utilizzati meno di prima – ma anche un livello di produttività superiore e un buon engagement grazie a investimenti nella community. Mantenere vivo il legame tra la workforce, i valori e la cultura aziendale in un modello di remote working è forse la sfida più grande, ma nulla che un’ottima gestione del cambiamento non possa affrontare e vincere.