Molte imprese, di grandi come di medie e piccole dimensioni, stanno sperimentando, più o meno consapevolmente, nuove modalità organizzative ed esecutive abilitate dall'applicazione delle tecnologie digitali al mondo del lavoro. Sempre più persone parlano di smart working, forse impropriamente o prematuramente. Di sicuro si tratta di un processo inarrestabile, che renderà però più agile e performante l'intera organizzazione, solo a patto di conquistare anche la necessaria consapevolezza degli strumenti che si adottano e la fiducia nelle iniziative che si promuovono. Più facile a dirsi che a farsi. Si tratta spesso di terreni inesplorati, e il cambiamento a volte è indotto dall'esterno: dalla pressione competitiva, dalle sempre più mutevoli esigenze dei clienti, dagli scenari in continua evoluzione delineati dalla globalizzazione.
Sostenere un progetto di smart working degno di questo nome significa quindi esplorare precise aree di analisi per conoscere da una parte le potenzialità dell'azienda, dall'altra l'effettiva convenienza a scegliere un approccio piuttosto che l'altro in funzione delle reali condizioni socio-economiche in cui versa il business. I risultati ottenuti da questa analisi sono in grado di confermare l’importanza di avere a disposizione strumenti adatti a governare i processi di smart working e l’innovazione organizzativa.
Entrando nello specifico, sono quattro le aree da affrontare.
Smart working: l’importanza della variabile culturale
La prima è quella culturale, che comprende, semplificando, tutto l'universo di valori, fiducia, comunicazione, formazione e informazione che costituisce il patrimonio intangibile dell'azienda, ciò che spesso viene definito insieme delle soft skill e che rappresenta l'imprescindibile punto di partenza per qualsiasi tipo di trasformazione.
Smart working: le ricadute organizzative
L'area organizzativa è quella che concerne il passaggio dal teorico al pratico, la traduzione di un'idea in un progetto. Analizzandola, si valuta la capacità di “mettere a terra” la volontà di cambiamento attraverso le singole iniziative e gli interventi specifici. Osservando i processi, i tempi e i luoghi di lavoro si può costruire un sistema coerente di valutazione della performance. Grande attenzione va posta anche rispetto al layer tecnologico, imprescindibile per abilitare gli scenari di lavoro agile secondo un paradigma che potrebbe essere riassunto nel motto “operativi in qualunque luogo, in qualunque momento, con qualunque dispositivo ed in sicurezza”.
Il peso delle normative
La terza area da prendere in considerazione è quella regolativa: ciascun intervento, naturalmente, è soggetto non solo alle policy interne, ma anche a regole esterne, a partire dalla normativa vigente. È sempre utile ricordare che il 25 maggio diverrà esecutivo il GDPR (General Data Protection Regulation), il Regolamento comunitario che disciplina la raccolta e il trattamento dei dati dei cittadini europei. Per qualsiasi azienda che voglia anche solo valutare l'ipotesi di un progetto smart working (per antonomasia legato all'uso e alla condivisione di dati anche sensibili) lo studio attento delle leggi che regolano il mercato – e di questa in particolar modo – è semplicemente essenziale.
Le ricadute economiche di un progetto di smart working
L'ultima, ma non certo per importanza, area è quella economica: convenienza e monitoraggio sono le parole d'ordine delle valutazioni che occorrono per proiettare nel futuro l'efficacia di un investimento non trascurabile. Qual è il ROI sull’implementazione tecnologica in termini di produttività e taglio dei costi? Quanto vale davvero il cambiamento? Sono domande a cui si può rispondere solo prestando attenzione costante ai ritorni materiali ed economici che l’azienda deve ottenere attraverso il progetto di trasformazione digitale e orientato allo smart working.