A che punto è la Digital Transformation nella Pubblica Amministrazione italiana? Per capirlo, è utile leggere il Rapporto 2018 dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano, i cui esiti sono stati comunicati nel dicembre scorso.
Il Rapporto mostra alcuni passi avanti fatti nella PA, ma non nasconde i molti ritardi che ci confinano al quartultimo posto in Europa, almeno sulla base del Digital Economy and Society Index (DESI). Ecco quali sono, invece, i progressi fatti in materia:
I risultati elencati dall’Osservatorio del Politecnico sono parte integrante di quelli individuati dal Piano triennale (2017-2019) per l’informatica nella Pubblica Amministrazione la cui attuazione è affidata all’AgID, l’Agenzia tecnica per l’Italia Digitale della Presidenza del Consiglio. Il Piano è suddiviso in capitoli (Servizi digitali, ecosistemi, interoperabilità, piattaforme abilitanti ecc.). Tra questi, due in particolare spiccano per importanza: sicurezza, data center e Cloud. Questo non significa che gli altri temi siano meno rilevanti, ma semplicemente che sicurezza e data center/Cloud rappresentano la conditio sine qua non affinché la digital transformation abbia piena cittadinanza nella pubblica amministrazione.
Sul primo argomento, l’AgID ha emesso la Circolare 2/2017 contente le misure minime di sicurezza con indicazioni specifiche, di fatto confermate poi dal Regolamento GDPR, «al fine di contrastare le minacce più comuni e frequenti cui sono soggetti i sistemi informativi» della PA. Inoltre, ha potenziato il ruolo del CERT-PA (Computer Emergency Response Team Pubblica Amministrazione) per strutturare piani di sicurezza e vigilare mediante azioni di monitoraggio e verifiche periodiche sulla loro attuazione.
Per quanto riguarda le voci “data center e Cloud”, anche il Rapporto dell’Osservatorio del Politecnico sottolinea che è stata definita una razionalizzazione dei primi, mentre la migrazione verso la nuvola, con l’individuazione di pochi Poli Strategici Nazionali, si trova nella fase iniziale. E, in effetti, se si vanno a vedere le azioni collegate a questo capitolo, l’unica che al momento risulta completata è quella del censimento del patrimonio ICT. Sono ancora in corso, invece (e potrebbe essere un eufemismo per dire che siamo molto distanti dalla loro realizzazione) quelle inerenti la qualificazione, grazie alla quale è possibile entrare a far parte del Marketplace della PA, di soluzioni SaaS erogabili sul Cloud SPC (Sistema Pubblico di Connettività). Così come appaiono tuttora in divenire sia la qualificazione dei Cloud Service Provider sia le azioni funzionali alla razionalizzazione dei data center che, fino a oggi, resta sulla carta.
Le intenzioni sono lodevoli ed è la stessa AgID a lamentare, a proposito di Cloud e data center nella PA, una situazione frammentata e disomogenea. L’Agenzia è consapevole che «la realizzazione e definizione di un modello strategico evolutivo del Cloud della PA renderà possibile virtualizzare il parco macchine di tutte le pubbliche amministrazioni, con importanti benefici in termini di costi e di gestione della manutenzione». Quindi, è chiaro in teoria come la Pubblica Amministrazione possa e debba innovare con la Digital Transformation. È meno chiara la tempistica, sebbene l’Agenda Digitale Italiana preveda che questo dovrà accadere entro il 2019.
A parziale consolazione di quanto detto sopra, è bene aggiungere che, mentre a livello centrale si tra procedendo, per quanto lentamente, verso soluzioni orientate alla migrazione in Cloud di infrastrutture e applicazioni, esistono molti esempi virtuosi che provengono dal basso. Tanto che potremmo parlare di una sorta di “digitalizzazione sussidiaria” nella pubblica amministrazione, cioè di una spinta all’innovazione tecnologica che si muove senza attendere l’input dall’alto delle istituzioni nazionali. Sempre più Regioni e alcuni Enti locali come i Comuni, infatti, si sono dotati autonomamente di sistemi digitali per migliorare la relazione con i cittadini. Totem interattivi, chatbot, dispositivi IoT sono quelli più diffusi per accorciare i tempi di attesa davanti ai classici sportelli e dare risposte più celeri alla rispettiva utenza. Questi apparati investono la vita delle persone sia in molti degli adempimenti ai quali sono chiamati sia nella qualità dei servizi di cui usufruiscono: dalla richiesta di certificati alla gestione dei rifiuti, sino al miglioramento della viabilità e dei mezzi di trasporto. Ciò significa che, seppure a macchia di leopardo, funzionalità molto avanzate connesse al paradigma Cloud, quali machine learning e cognitive services, stanno facendo il loro ingresso negli ambienti della PA a livello territoriale. A riprova del fatto che il cammino della digitalizzazione è inarrestabile. Perfino nella pubblica amministrazione italiana.