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Industria Data Driven e change management

Scritto da Impresoft 4ward | Jan 13, 2020 11:00:00 PM

La rivoluzione digitale e il potenziale dell’Artificial Intelligence stanno liberando nuove opportunità per recuperare efficienza e innovare il business attraverso gli analytics. Le aziende di qualsiasi settore e dimensione stanno quindi orientando la struttura organizzativa verso il modello data driven, che alla base presuppone una precisa strategia di change management oltre alla mera implementazione tecnologica. Anche il comparto industriale sta avviando precise roadmap di trasformazione verso il paradigma dello Smart Manufacturingil quale sfrutta i dati per realizzare nuovi margini di efficienza e guadagno. 

Ma cosa significa esattamente essere un’azienda data driven? Secondo le descrizioni di Gartner, un’organizzazione guidata dai dati non solo è capace di basare qualsiasi attività decisionale sull’analisi delle informazioni per ogni processo e a tutti i livelli, ma ha sviluppato a monte un solido sistema di data governance, competenze specifiche nonché una riorganizzazione di ruoli e workflow. 

 

Le sfide del modello data driven per l’Industry 4.0 

Come già anticipato, diventare una data driven enterprise è un percorso che implica sia il deployment degli strumenti abilitanti sia l’applicazione di un piano di change management.  

Nell’era della digitalizzazione e dei big data, la prima sfida di un’organizzazione che aspira al modello data driven riguarda la gestione delle informazioni, che crescono in volumi, varietà e velocità. Con riferimento alle aziende manifatturiere, basti pensare alla miriade di dati raccolti, trasmessi e processati all’interno di un progetto di Internet oThings. I sensori intelligenti sparsi nella fabbrica collezionano parametri di stato ed esercizio in relazione a macchinari e processi; le informazioni vengono inviate attraverso la rete verso i sistemi analitici centrali, dove vengono incrociate ed elaborate con altri dati multiformato, provenienti da soluzioni gestionali, applicazioni mobile e piattaforme online. L’analisi di tali dati permette di elaborare strategie migliorative e attuare azioni correttive (sia in modalità automatica sia con l’intervento umano). 

Servono quindi competenze tecniche rispetto ai nuovi dispositivi e ai sistemi che popolano lo scenario produttivo smart, ma è necessario anche un cambio di mentalità per gestire efficacemente i processi manifatturieri e logistici. Insomma, la disponibilità dei Big Data e l’impiego degli analytics trasformano radicalmente il modus operandi dei dipendenti aziendali, dall’addetto di linea al tecnico manutentore, fino alle figure con ruoli manageriali. Istituire un piano di change management, anche attraverso l’esperienza di consulenti esterni che possono fare la differenza e accelerare la trasformazione, si rivela indispensabile per formare adeguatamente i professionisti della Smart Factory, colmando il gap di competenze. 

 

Change management per decisioni basate sui dati 

Si tratta insomma di abituare gli utenti aziendali a ragionare, prevedere, decidere e agire in base agli insights analiticiad esempio, conoscendo la distribuzione dei carichi di lavoro, visualizzando i dati di processo attraverso appositi display, un operatore può decidere di supportare un collega più oberato, contribuendo così a un modello di autorganizzazione più efficiente. 

All’interno dell’azienda data driven, gli operatori devono anche abituarsi a ragionare in ottica predittiva: grazie alle rilevazioni sul campo e alle evidenze analitiche è possibile ipotizzare scenari what if e intervenire tempestivamente per correggere o migliorare determinate situazioni. Ad esempio, possono essere identificate eventuali anomalie di funzionamento, stimando le probabilità di un imminente guasto e intervenendo prima che si verifichino danni alle macchine o fermi produttivi. 

Oltre a permettere il condition monitoring aggiornato in tempo reale, gli analytics forniscono anche indicazioni su come affrontare le urgenze, correggere le difettosità o predisporre strategie future, in logica prescrittiva. L’intelligenza artificiale può anche innescare input e ingaggiare azioni risolutive automaticamente, senza l’intervento umano. Si tratta anche qui di cambiare rotta metodologica e attuare un salto di pensiero: delegare il decision making all’AI richiede una grande fiducia nella tecnologia. Serve cultura dell’innovazione, che solo un piano strutturato di change management può instillare.