Il mondo è cambiato… E i mercati con lui.
Se un tempo le aziende avevano a disposizione strumenti, anche informatici, per identificare le tendenze, in epoca digitale questi medesimi strumenti non bastano più. Nel Marketing secondo Kotler, un testo ormai classico che risale al 2011, l’autore fa un esempio per spiegare l’importanza della ricerca a fondamento della conoscenza di un mercato. Racconta l’avventura dell’esperto di marketing che va in un’isola del Pacifico meridionale (per conto di un industriale calzaturiero di Hong Kong) e scopre le potenzialità commerciali del luogo solo grazie a un’intervista fatta al capo tribù. Dalla quale ricava che il 70% degli indigeni acquisterà in futuro un paio di scarpe.
A risultare oggi sorpassato non è tanto il metodo tradizionale dell’indagine di mercato e neppure il prototipo irrealistico di untapped market citato nel testo, quanto la modalità di acquisizione delle informazioni. Gli abitanti di quell’isola sperduta ai giorni nostri potrebbero fare una ricerca su Internet, decidere di comprare le scarpe su Amazon, esprimere un parere su un social network riguardo a qualità del servizio di consegna e livello di gradimento del prodotto. Se si moltiplica questa attività per tutte quelle analoghe provenienti da altre parti del mondo e che avvengono in rete, si ottiene un flusso enorme di dati. È questo che caratterizza principalmente l’odierna Digital Transformation: i Big Data che, secondo una ricerca di IDC, entro il 2025 aumenteranno fino a 163 zettabyte, ossia 163 trilioni di gigabyte. È ovvio che in tale scenario non una, ma neanche mille interviste consentirebbero di farsi un’idea adeguata dei trend di mercato. Servono, invece, tecnologie capaci di estrapolare da fonti disparate, “ingerire” e integrare, analizzare e mettere in relazione quantità enormi di dati così da scoprire non solo gli orientamenti dei consumatori, ma da riuscire a precorrerli.
Esistono già queste tecnologie e sono sempre più connesse ai software CRM (Customer Relationship Management) e a quelli di Marketing Automation. Si avvalgono del cloud nelle sue varianti (pubblico, privato e ibrido) senza il quale non potrebbero disporre di capienza e capacità di calcolo sufficienti. Per quanto riguarda la fase di store e analytics, esistono strumenti in grado di fornire diverse funzionalità evolute sulla “nuvola” che vanno dall’archiviazione di qualsiasi “oggetto”, all’elaborazione di un ecosistema coerente, alla produzione di report utili a definire strategie di marketing sempre aggiornate. È su questo patrimonio informativo che si innestano i sistemi di intelligenza artificiale (AI) sfruttando soprattutto il Machine Learning. Gli algoritmi dell’apprendimento automatico riescono infatti a realizzare il sogno segreto di ogni marketer: spingere le persone a compiere un’azione (acquisto, iscrizione a una newsletter, risposta a un sondaggio) in forza dei loro medesimi interessi, manifestati navigando sul web o postando un commento su Facebook.
A differenza del passato, quando era l’uomo ad avere l’onere di decidere l’azione da intraprendere sulla base di pochi e frammentari indicatori storici, adesso è la “macchina” stessa a imparare da un pubblico di riferimento, affinando di volta in volta la comprensione dei suoi gusti e proponendogli prodotti e servizi anche in ottica upselling e cross selling. Fino a creare dei modelli predittivi che anticipano i loro bisogni.
Questo vale anche in termini di engagement, cioè quando il legame fiduciario con il brand sia da confermare o da ristabilire. C’è un altro aspetto, infatti, sul quale il Machine Learning applicato al marketing permette di raggiungere più agevolmente gli obiettivi di business. È la cosiddetta churn analysis con cui viene misurato il tasso di abbandono dei clienti in un dato periodo di tempo. Una sottovalutazione di questo indice impedisce di sapere esattamente quanto una certa percentuale di disaffezione incida sul fatturato. Al contrario, l’apprendimento automatico fa tesoro di tutte le rilevazioni in merito (disiscrizione newsletter, mancato rinnovo, abbandono a favore della concorrenza) e le traduce in azioni conseguenti. L’engagement non ha mai avuto un alleato così potente.