L’espressione “smart collaboration” rappresenta una vera e propria rivoluzione all’interno di un modello di lavoro che sta gradualmente approdando verso l’agile working. Gli eventi degli ultimi mesi hanno determinato una forte accelerazione in tal senso: se è vero che tra marzo e aprile il 90% delle grandi aziende ha adottato modalità di remote working, seguite dal 73,1% delle medie e dal 37,2% delle piccole imprese (fonte: Istat), vi è assoluta certezza che tali modalità facciano parte – sia pur in misura minore – anche di un new normal in cui le aziende si stanno concretamente interrogando su come far evolvere il modello di lavoro verso modalità non più vincolate al controllo di presenza, alla postazione fissa e all’orario.
Gli asset necessari alla smart collaboration: dai dispositivi alla sicurezza
Smart collaboration è una componente centrale del modello di agile working. Mentre quest’ultima espressione fa riferimento all’intero paradigma di lavoro, che quindi comprende anche modelli organizzavi e di leadership, smart collaboration è più focalizzata sul modo in cui le persone lavorano e sugli strumenti di collaborazione, tenuto conto che gli employee non condividono sempre lo stesso spazio fisico ma devono comunque poter collaborare come, se non meglio, di prima. È, quindi, fondamentale che l’azienda sia dotata degli asset tecnologici necessari per abilitare tale collaborazione, senza la quale tutte le promesse di produttività dello smart working andrebbero seriamente ridimensionate.
In termini pratici, smart collaboration si sostanzia nel condividere e lavorare sugli stessi documenti da diversi luoghi e device, gestire interi processi e progetti online, contattare rapidamente colleghi, organizzare videoconferenze e molte altre attività tipiche di una normale routine lavorativa senza il vincolo della presenza fisica. Per fare ciò, è essenziale l’apporto di soluzioni tecnologiche abilitanti.
Piattaforme: dalla cloud collaboration ai documentali
Il software è l’elemento cardine della smart collaboration: va correttamente selezionato e implementato in funzione delle esigenze dell’azienda. Tool di produttività cloud come Workspace di Google, Office 365 di Microsoft e l’ottimo Teams rappresentano i punti di partenza per una collaborazione che si deve spingere anche alle piattaforme documentali e a quelle di Unified Communication, che concentrano tutti i canali di comunicazione dell’era 2.0 permettendo al personale di interagire in maniera rapida, snella e molto smart. L’azienda potrebbe, inoltre, approfittare della situazione per apportare modifiche alle dinamiche della comunicazione interna, con importanti conseguenze sulla cultura aziendale: in tal senso, una piattaforma di enterprise social network non solo incentiva la collaborazione tra i dipendenti, ma in molti casi determina il passaggio da un tradizionale modello di comunicazione top-down a modalità orizzontali fortemente incentrate su feedback e interazione.
Device: dai notebook ai sistemi di videoconferenza
Durante il lockdown le persone hanno lavorato da casa con notebook forniti dall’azienda o propri, improvvisando in molti casi un modello BYOD (Bring Your Own Device). Ciò non significa, però, che un semplice laptop esaurisca il quadro di dispositivi ideali per la social collaboration: nella sfera dei device personali rientrano senza dubbio anche smartphone e tablet. Contemporaneamente l’azienda deve riflettere su come aggiornare i propri spazi di lavoro in funzione di un modello che sarà sempre più ibrido. Il trend del momento è l’Activity Based Workplace, contraddistinto da spazi con caratteristiche differenti (singole postazioni, open space, meeting room, focus room, ecc.) e progettati per agevolare le attività che compongono la routine lavorativa: le meeting room continueranno ad essere impiegate, ed è dunque fondamentale che i sistemi di cui sono dotate permettano l’accesso alle piattaforme di comunicazione dell’azienda (Teams, per esempio), così da diventare un punto di incontro per un teamwork sempre più diffuso.
Connettività e sicurezza, impossibile farne a meno
La connettività è un requisito essenziale per tutta la workforce, che si trova spesso a operare al di fuori del perimetro dell’azienda. Connettività domestica in fibra e connessioni mobile affidabili su reti 4G e 5G rappresentano un fattore abilitante della nuova smart collaboration aziendale. A tutto ciò occorre sommare il tema, certamente più complesso, della security, che durante il lockdown è stato messo a dura prova dall’utilizzo di dispositivi personali non aggiornati, da connessioni tramite reti non sicure e da una security awareness piuttosto carente. L’approccio corretto è multifattoriale: occorre, innanzitutto, sensibilizzare le persone sui rischi di certe attività e sulle best practice che migliorano la security posture dell’azienda; al tempo stesso, quest’ultima deve dotarsi di tutte le soluzioni tecnologiche necessarie per far fronte alle le sfide di un modello di lavoro profondamente diverso da quello di un tempo. L’approccio incentrato sulla protezione perimetrale non è più adeguato a un mondo in cui buona parte dei workload è in cloud, ed è quindi fondamentale passare a un modello di sicurezza basato sulle identità e sulla protezione degli endpoint.