Nel mercato retail, la capacità di prevedere gli eventi futuri e, in particolare, il comportamento dei clienti è essenziale per il successo del business. In realtà, il concetto stesso di forecasting si applica a più livelli: da un lato c’è un supply forecasting, che è fondamentale per valutare la capacità dei fornitori di soddisfare la domanda del retailer, ma c’è soprattutto un demand forecasting che, sulla base di modelli statistici e tecnologie avanzate, cerca di comprendere ciò che le persone acquisteranno, dove lo faranno e in che quantità. Le conseguenze pratiche di questo tipo di previsione si riflettono direttamente sull’inventory management, in italiano “gestione delle scorte”, che è da sempre un elemento cardine dell’attività del retailer: scorte insufficienti portano alla cosiddetta rottura di stock e a clienti insoddisfatti, mentre le scorte in eccesso sono capitale immobilizzato e costi da sostenere per la gestione e lo stoccaggio, con per di più un forte rischio di obsolescenza.
Prevedere l’andamento della domanda significa ipotizzare il comportamento dei clienti. Tradizionalmente, questo è sempre stato fatto valutando la loro attività nei mesi e negli anni precedenti, al fine di sviluppare modelli attendibili. Ovviamente si tiene conto della stagionalità, dei prezzi, delle attività di marketing e delle promozioni già previste, e sulla base delle previsioni vengono effettuati gli ordini. Prendere in considerazione anche indicatori economici quali la capacità di spesa delle famiglie, la crescita economica e l’inflazione rende ancor più attendibili i risultati e permette di valutare – su di essi – non solo gli ordini, ma anche il posizionamento e il pezzo di vendita dei prodotti.
Nell’attività di forecasting, due cose sono chiare da tempo: innanzitutto, la centralità dei dati e della loro aggregazione, e in secondo luogo il fatto che la domanda sia determinata da un’infinità di fattori, molti dei quali esterni all’azienda e alla filiera. Per quanto riguarda la centralità dei dati, è possibile trasformarli in insight utili grazie a tool di rappresentazione come Microsoft Power BI
Per quanto concerne il primo aspetto, i metodi manuali di acquisizione e aggregazione dei dati sono lunghi, laboriosi e fortemente soggetti a errori: miscelare dati provenienti da fonti diverse, che comprendono l’e-commerce, l’ERP aziendale e i sistemi dei singoli punti vendita, per di più in formati non compatibili tra loro, è un’operazione complicata e, appunto, fortemente soggetta a errori.
In secondo luogo, tanti elementi che condizionano la domanda non vengono proprio presi in considerazione: trend in ascesa, eventi politici ed economici in varie parti del mondo che possono condizionare la propensione alla spesa delle persone, le previsioni meteo, eventi capaci di rallentare certi tipi di produzione e via dicendo.
Tutti questi fattori, pur esterni al contesto aziendale e alla relativa supply chain, sono fondamentali ai fini del forecasting perché permettono ai retailer non solo di determinare la composizione dello stock, ma anche di acquistare solo prodotti che, molto probabilmente, avranno successo. In questo modo, il retailer finisce per fornire al cliente un servizio personalizzato: magari non ancora in funzione del singolo individuo, ma certamente in grado di cogliere trend in ascesa, mode che cambiano e di stabilire un prezzo di vendita corretto in funzione di quanto i clienti sono disposti a spendere.
Un approccio di questo tipo, che presuppone acquisizione, arricchimento, ed elaborazione di un’infinità di dati diversi, può senza dubbio avvalersi delle tecniche e degli algoritmi di intelligenza artificiale. Nella fattispecie, il loro ruolo è proprio quello di portare automazione, estrema velocità di elaborazione, eliminare gli errori e fornire rilevazioni più precise rispetto a quelle dell’attività manuale, con in più il vantaggio del miglioramento continuo delle performance, caratteristica fondante del Machine Learning e basata sulla continua acquisizione di nuovi dati.
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