Il cambiamento è alla base del business moderno, e per questo il rapporto tra change management e HR non può che essere stretto e continuativo. Le aziende non possono sottrarsi al cambiamento: a volte si tratta di assecondare eventi aziendali come fusioni, acquisizioni o outsourcing di parte delle attività, talvolta sono eventi esterni, ma spesso è semplicemente la necessità di assecondare un mercato sempre più imprevedibile e che pretende, appunto, la massima agilità. In queste circostanze una cattiva gestione degli employee è un fattore più che sufficiente per abbattere le probabilità di successo dell’iniziativa stessa. Le resistenze, infatti, non possono mancare: semplicemente, vanno gestite.
Ecco perché il rapporto tra change management e HR è molto stretto e questa funzione va coinvolta fin da subito: essa, infatti, ha un ruolo essenziale nella preparazione delle persone al cambiamento, nella comunicazione, nello sviluppo dei programmi di training e dei meeting, nella comprensione del livello di preparazione dell’azienda ad affrontare il cambiamento stesso, nel creare un collegamento tra management e employee, nell’analizzare l’impatto e monitorare l’efficacia del processo di change. Il suo ruolo è trasversale lungo tutto il processo: comunicazione, implementazione e monitoraggio. Gli employee sono la risorsa maggiormente coinvolta dal cambiamento, il che rende HR il perno di tale attività.
Ogni iniziativa di change è una storia a sé e come tale va trattata. Ciò non toglie che, sempre in nome della vicinanza tra change management e HR, si possano comunque fornire alcuni spunti su come vada gestita la comunicazione in tempi di cambiamento, attività per la quale HR confina con la comunicazione interna. Spesso, infatti, uno degli ostacoli al successo dell’iniziativa sono proprio lacune o errori di comunicazione, che talvolta si originano da una tendenza a un rigido schema top-down: di fatto, il cambiamento non va comunicato ma fatto capire, quanto meno in termini di esigenza e di impatto.
I motivi alla base del cambiamento devono essere accuratamente spiegati e condivisi, da diverse fonti (HR, comunicazione interna, CEO, ecc.) e con strumenti che possono andare dall’e-mail agli enterprise social network, senza dimenticare gli incontri di persona. Usare una strategia di comunicazione efficace massimizza l’accettazione del cambiamento, e quindi va valutata accuratamente in funzione dell’azienda e del progetto stesso: alcune aziende decidono di comunicare tutto e subito in forma rigidamente top-down; altre di focalizzarsi su pochi e fondamentali messaggi, stimolando il dialogo tra le persone; altre ancora sfruttano la situazione per creare una connessione diretta tra gli executive e il resto dell’azienda, fondando il tutto sul ruolo essenziale del feedback. Qualsiasi sia la decisione scelta, è basilare che la giusta comunicazione predisponga i destinatari al cambiamento, ma è anche fondamentale il coinvolgimento del top management nella comunicazione stessa.
Durante il processo di change, è naturale interrogarsi circa l’andamento e l’efficacia dello stesso. Il concetto cui riferirsi è quello dell’employee experience e del relativo monitoraggio, con tanto di KPI per seguire da vicino l’evoluzione di quello che, a conti fatti, è un percorso che li riguarda direttamente. Il problema, piuttosto, si pone nel momento in cui tali KPI vanno definiti perché, riagganciandoci a una considerazione precedente, ogni attività di change è a sé. Parlando sempre di change management e HR, alcune metriche interessanti possono essere quelle relative alle assenze, le presenze agli appuntamenti di training, un eventuale aumento del turnover (fattore molto costoso per le aziende) o una variazione significativa nell’employee satisfaction che è facilmente ottenibile attraverso survey. Non bisogna dimenticare, tra l’altro, che le aziende più evolute possono ottenere una stima del livello di engagement facendo uso di IoT nei propri locali e di relativa analisi dei dati.
Durante il periodo di cambiamento, assumono poi rilevanza centrale le metriche dell’help desk interno, fondamentali per comprendere se le persone si stanno agevolmente adeguando o se esistono ostacoli difficili da abbattere; ci sono poi i KPI relativi all’uso degli strumenti che l’azienda, per favorire il cambiamento, ha messo a disposizione degli employee; è utile anche osservare l’aderenza alla timeline del progetto, supponendo che eventuali scostamenti possano dipendere (anche) da employee disengaged; infine, è fondamentale cercare di ottenere feedback ravvicinati e diretti, di modo tale da condurre il processo di cambiamento nel modo migliore, qualsiasi sia l’obiettivo finale.